IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                         (Sezione Terza Ter) 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 14553 del 2014, proposto da: 
        Soc.  Kerasol  S.a.s.  di  Energipension  Italy   2   S.r.l.,
rappresentato e difeso dagli avv. Stefania Maria  Teresa  Piscitelli,
Daniela  Sabelli,  Carmine  Gravina,  con  domicilio  eletto   presso
Stefania M. Teresa Piscitelli in Roma, Via San Basilio, 72; 
    Contro: Gse S.p.a. - Gestore dei  Servizi  Energetici;  Ministero
dello sviluppo economico,  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentati e difesi  per  legge  dall'Avvocatura,  domiciliata  in
Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
    per l'annullamento, previa sospensiva: 
    del decreto ministeriale 17 ottobre 2014, recante «Modalita'  per
la rimodulazione delle tariffe incentivanti per  l'energia  elettrica
prodotta da impianti fotovoltaici, in attuazione dell'art. 26,  comma
3, lettera b) decreto-legge n.  91/14  convertito  con  modificazioni
dalla legge n. 116/14»; 
    del decreto ministeriale 16 ottobre 2014, recante «Incentivi  per
impianti fotovoltaici - Modalita' per l'erogazione delle  tariffe  da
parte del GSE»; 
    delle «Istruzioni operative  per  gli  interventi  sulle  tariffe
incentivanti relative agli impianti fotovoltaici» adottate dal GSE in
data 3 novembre 2014. 
    Per l'accertamento: 
    del diritto in capo alla ricorrente di  mantenere  le  condizioni
per la quantificazione e l'erogazione delle tariffe  incentivanti  di
cui alla convenzione sottoscritta con il GSE  ai  sensi  del  decreto
ministeriale 5 maggio 2011; 
    del diritto della ricorrente a non vedersi  applicato  l'art.  26
decreto-legge n. 91/2014; 
    per la disapplicazione dell'art. 26, commi 2 e  3,  decreto-legge
n. 91/2014 e della Tabella in all. 2; 
    per la rimessione alla  Corte  costituzionale  e  alla  Corte  di
giustizia dell'anzidetto art. 26,  commi  2  e  3,  decreto-legge  n.
91/2014 e della Tabella in all. 2. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in  giudizio  di  Ministero  dello
sviluppo economico e di Presidenza del Consiglio dei ministri; 
    Relatore nell'udienza pubblica  del  giorno  25  giugno  2015  la
dott.ssa Maria Grazia Vivarelli e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale; 
    Con ricorso notificato il 24 novembre 2014 (dep. il  25  novembre
), la  ricorrente,  deducendo  di  essere  titolare  di  un  impianto
fotovoltaico con potenza nominale superiore a 200kW, ammesso a fruire
delle tariffe incentivanti  riconosciute  in  base  agli  articoli  7
decreto legislativo n. 387/2003 e 25, comma 10,  decreto  legislativo
n. 28/2011, con i  termini  e  le  modalita'  stabilite  in  apposita
convenzione stipulata con il GSE, per un periodo di venti anni  dalla
data di entrata in esercizio dell' impianto  stesso  ha  avanzato  le
domande riportate in epigrafe. 
    Si sono costituiti in  resistenza  il  Ministero  dello  sviluppo
economico e la Presidenza del Consiglio  dei  ministri  (19  dicembre
2014), che hanno  depositato  memoria  difensiva.  La  ricorrente  ha
replicato con nota del 7 maggio 2015. 
    All'udienza pubblica del 25  giugno  2015  il  ricorso  e'  stato
trattenuto in decisione. 
 
                          Premesso in fatto 
 
    Premesso che: 
    la ricorrente, quale soggetto responsabile titolare dell'impianto
fotovoltaico nel comune di  San  Colombano  al  Lambro  (MI),  di  kW
987,84, entrato  in  esercizio  in  data  28  novembre  2011,  e'  il
beneficiario  della  tariffa  incentivante   prevista   dal   decreto
ministeriale 5 maggio 2011 avendo richiesto ed ottenuto  l'ammissione
alla tariffa incentivante e stipulato in data 21 maggio 2012  con  il
GSE la relativa convenzione (n. I06L244712107) di  durata  ventennale
(20 anni) avente ad oggetto il riconoscimento da parte del GSE  delle
tariffe incentivanti; 
    la normativa vigente al tempo  della  concessione  dell'incentivo
era la seguente: 
    1) Carta europea dell'energia, stipulato a Lisbona il 17 dicembre
1994 e ratificato in Italia con legge 10 novembre 1997, n. 415; 
    2) il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 di «attuazione
della direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione  dell'energia
elettrica prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato
interno dell'elettricita'», nel quale, tra l'altro, all'art. 1, viene
espressa la finalita' di promuovere un maggior contributo delle fonti
energetiche rinnovabili alla produzione di elettricita' nel  relativo
mercato  italiano  e  comunitario  nel  rispetto   della   disciplina
nazionale,  comunitaria  ed  internazionale  vigente,   nonche'   nel
rispetto dei principi e  criteri  direttivi  stabiliti  dall'art.  43
della legge 1° marzo 2002, n. 39; all'art. 7  (comma  2  lettera  d),
viene  stabilito  che  l'entita'  dell'incentivazione  sia  tale   da
garantire  equa  remunerazione  dei  costi  di  investimento   e   di
esercizio; 
    3) il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 recante «Attuazione
della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia  da
fonti rinnovabili, recante modifica e  successiva  abrogazione  delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE» che contiene principi di: 
    stabilita' nel tempo dei  sistemi  di  incentivazione  (art.  23,
comma 1, decreto legislativo n. 28/2011); 
    gradualita'  di  intervento  a  salvaguardia  degli  investimenti
attuati e proporzionalita' agli obiettivi (art. 23, comma 2,  decreto
legislativo n. 28/2011); 
    garanzia di incentivazione con meccanismi vigenti  alla  data  di
entrata  in  esercizio  dell'impianto  (art.  25,  comma  1,  decreto
legislativo n. 28/2011); 
    necessita' di tener conto del principio di equa remunerazione dei
costi di investimento e di esercizio  (art.  25,  comma  10,  decreto
legislativo n. 28/2011 e art. 7 decreto legislativo n. 387/2003); 
    salvezza dei diritti acquisiti e  degli  effetti  prodotti  dalle
norme abrogate (art. 25, comma 11, decreto legislativo n. 28/2011); 
          5) il decreto ministeriale 5  maggio  2011  «Incentivazione
della  produzione   di   energia   elettrica   da   impianti   solari
fotovoltaici» e, in particolare: 
    l'art. 6, comma 4 secondo cui «4. In  tutti  i  casi  la  tariffa
incentivante spettante e' quella vigente  alla  data  di  entrata  in
esercizio dell'impianto»; 
    l'art. 10, comma 3 ove e' previsto che  «Il  GSE,  verificato  il
rispetto  delle  disposizioni  del  presente  decreto,  determina   e
assicura  al  soggetto  responsabile   l'erogazione   della   tariffa
spettante entro centoventi giorni dalla  data  di  ricevimento  della
medesima  richiesta,  al  netto  dei  tempi  imputabili  al  soggetto
responsabile»; 
    l'art. 12, ove  e'  previsto  che  «1.  Per  l'energia  elettrica
prodotta dagli impianti fotovoltaici di cui al  presente  titolo,  il
soggetto responsabile ha diritto a una tariffa individuata sulla base
di quanto disposto dall'allegato 5. 2.  La  tariffa  incentivante  e'
riconosciuta per un periodo di venti anni a decorrere dalla  data  di
entrata in esercizio dell'impianto ed e' costante in moneta  corrente
per tutto il periodo di incentivazione.». 
    Considerato che: 
        il decreto-legge n. 91/2014  all'art.  26  impone  a  ciascun
operatore, titolare di  impianti  fotovoltaici  di  potenza  nominale
superiore a 200 kW, di comunicare al Gestore dei Servizi Energetici -
GSE S.p.A. («GSE») entro il 30 novembre  2014  l'opzione  scelta  tra
quelle delle tre alternative indicate alle lettere a), b)  e  c)  del
medesimo comma 3, le quali - con  modalita'  diverse  -  operano  una
riduzione di una quota percentuale dell'incentivo  gia'  assegnato  e
oggetto di convenzione stipulata con il GSE. 
    In particolare, al 30 novembre 2014, l'operatore  deve  scegliere
tra le seguenti tre (3) alternative,  tutte  con  decorrenza  dal  l°
gennaio 2015: 
        a)  prima  opzione:  il  periodo  di   incentivazione   viene
allungato da 20 anni a 24 anni dalla data di entrata in  esercizio  e
l'incentivo viene ridotto delle seguenti percentuali: 
    Periodo  di  Incentivazione  Residuale  (Anni)  - Percentuale  di
riduzione dell'incentivo 
    12 - 25%, 13 - 24%, 14 - 22%, 15 - 21%, 16 - 20%, 17 - 19%, 18  -
18%, oltre 19 - 17%; 
    b) seconda opzione: l'attuale periodo  di  incentivazione  di  20
anni rimane inalterato, ma la tariffa incentivante verra' ridotta  di
una percentuale in una fase e aumentata in egual misura  nel  periodo
successivo. Il Ministero dello sviluppo economico ha reso  note,  con
decreto  ministeriale  del  17  ottobre  2014,  qui  contestato,   le
modalita' di rimodulazione delle tariffe incentivanti. 
    c) terza opzione: L'attuale periodo di incentivazione di 20  anni
resta inalterato, ma la  tariffa  incentivante  viene  ridotta  delle
seguenti percentuali:  (i)  6%  per  gli  impianti  con  una  potenza
nominale da 200 kW a 500 kW, (ii) 7% per gli impianti con una potenza
nominale superiore a 500 kW fino a 900 kW, e (iii)  8%  per  impianti
con una maggiore potenza nominale. 
    La  medesima  disposizione  normativa  prevede  che,  assenza  di
comunicazione da parte dell'operatore, il GSE  applica  l'opzione  di
cui alla lettera c). 
    L'art. 26, comma 4 prevede che, per  le  tariffe  onnicomprensive
erogate ai sensi del decreto ministeriale 5 maggio 2011 o del decreto
ministeriale 5 luglio 2012, le riduzioni di  cui  all'allegato  2  al
presente decreto si  applicano  alla  sola  componente  incentivante,
calcolata secondo le modalita' di cui all'art. 5,  comma  1,  secondo
periodo, del medesimo decreto 5 luglio  2012.  L'art.  26,  comma  5,
riconoscendo implicitamente che tutte le opzioni di cui  al  comma  3
impongono una significativa riduzione delle tariffe incentivanti,  ha
previsto la facolta' dei beneficiari della tariffa incentivante  (che
hanno  optato  per  una  delle  suddette  riduzioni)  di  accedere  a
finanziamenti bancari per un importo massimo pari alla differenza tra
l'incentivo  gia'  spettante  al  31  dicembre  2014  e   l'incentivo
rimodulato per effetto della scelta di una delle alternative  opzioni
di cui al comma 3. 
    Si tratta di finanziamenti bancari che devono essere garantiti da
Cassa Depositi  e  Prestiti  S.p.A.  o  devono  avere  una  provvista
dedicata, a loro volta, garantita  dallo  Stato  e  che,  per  essere
operativi, necessitano del  decreto  del  Ministero  dell'economia  e
delle finanze che fissi i criteri e le modalita' della garanzia dello
Stato. 
    Sempre nell'ottica di ammortizzare la riduzione degli  incentivi,
i commi da 7 a 13 del citato art. 26 hanno previsto la facolta' della
ricorrente (al pari dei  soggetti  beneficiari  degli  incentivi)  di
cedere l'80% (per cento) degli incentivi ad un acquirente selezionato
tra i primari operatori europei. 
    In data 3 novembre 2014, il GSE ha pubblicato  sul  proprio  sito
web  le  «Istruzioni  operative  per  gli  interventi  sulle  tariffe
incentivanti relative agli impianti fotovoltaici ai  sensi  dell'art.
26 della legge n. 116/2014» che  non  consentono  agli  operatori  di
modificare la scelta operata successivamente al 30 novembre 2014. 
    Cio' posto, nell'attuale quadro  di  riferimento,  la  ricorrente
ritiene di aver  diritto  a  non  esercitare  alcuna  delle  opzioni,
previste dall'art. 26, comma 3 del decreto-legge n. 91/2014  e  dalle
Istruzione Operative, di riduzione dell'incentivo  gia'  riconosciuto
all'impianto  fotovoltaico  di  sua  proprieta'  e  gia'  oggetto  di
convenzione con il GSE, dal momento che tale previsione normativa  e-
a parere della ricorrente - incostituzionale per  contrasto  con  gli
articoli 3, 41, 42, 77, 97, 10 e 117 Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    Definite con separata sentenza parziale,  le  questioni  in  rito
relative   alla   giurisdizione   del   giudice   amministrativo    e
all'ammissibilita' della domanda di accertamento avanzata dalla parte
ricorrente, osserva il Collegio che la soluzione  della  controversia
richiede la preliminare sottoposizione dell'art. 26 decreto-legge  24
giugno 2014, n. 91, al giudizio della Corte costituzionale. 
    Di seguito vengono esplicitate le  ragioni  della  decisione  del
Tribunale. 
1. Quadro  normativo  relativo  all'incentivazione  della  produzione
elettrica da fonte solare. 
    1.1. Le direttive europee. 
    La produzione  di  energia  elettrica  da  fonti  rinnovabili  e'
obiettivo rilevante delle politiche energetiche e ambientali europee. 
    Essa trova collocazione nel contesto di favore sancito a  livello
internazionale dal Protocollo di Kyoto (Protocollo  alla  Convenzione
quadro delle Nazioni Unite sui  cambiamenti  climatici,  stipulato  a
Kyoto l'11 dicembre 1997, di cui e' stata autorizzata la  ratifica  e
disposta l'esecuzione con legge 1° giugno 2002, n.  120;  cfr.  anche
art. 11, comma 5,  decreto  legislativo  n.  79/1999  nella  versione
anteriore  alle  modificazioni  di  cui  al  decreto  legislativo  n.
28/2011; in Europa, il Protocollo e' stato  approvato  con  decisione
del Consiglio 2002/358/CE del 25 aprile 2002), il cui art. 2, par. 1,
lettera a), obbliga le parti contraenti, «nell'adempiere agli impegni
di limitazione quantificata e di riduzione delle emissioni [...],  al
fine di promuovere lo sviluppo sostenibile», ad applicare o elaborare
«politiche e misure, in conformita' con la sua situazione  nazionale,
come:  [...]   iv)   Ricerca,   promozione,   sviluppo   e   maggiore
utilizzazione di forme energetiche rinnovabili [...]». 
    Con la direttiva n. 2001/77/CE  (sulla  «promozione  dell'energia
elettrica prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato
interno dell'elettricita'») il legislatore europeo, riconosciuta  «la
necessita' di promuovere in  via  prioritaria  le  fonti  energetiche
rinnovabili,   poiche'   queste   contribuiscono   alla    protezione
dell'ambiente e allo sviluppo sostenibile», potendo  «inoltre  creare
occupazione locale, avere un impatto positivo sulla coesione sociale,
contribuire alla sicurezza degli approvvigionamenti e  permettere  di
conseguire  piu'  rapidamente  gli   obiettivi   di   Kyoto»   (primo
Considerando),  ha   affermato   chiaramente   che   «la   promozione
dell'elettricita' prodotta da fonti  energetiche  rinnovabili  e'  un
obiettivo altamente prioritario  a  livello  della  Comunita'  [...]»
(secondo  Considerando)  e  ha  ritenuto  pertanto   di   intervenire
attraverso l'assegnazione agli Stati membri di «obiettivi  indicativi
nazionali di consumo di elettricita' prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili», con  riserva  di  proporre  «obiettivi  vincolanti»  in
ragione dell'eventuale progresso rispetto  all'"obiettivo  indicativo
globale» del 12% del  consumo  interno  lordo  di  energia  nel  2010
(settimo Considerando), ferma  la  possibilita'  per  ciascuno  Stato
membro  di  individuare  «il  regime  piu'   rispondente   alla   sua
particolare  situazione»  per  il  raggiungimento  degli   «obiettivi
generali dell'intervento» (ventitreesimo Considerando). 
    In coerenza  con  tali  premesse,  la  direttiva  ha  individuato
all'art. 3 i menzionati «obiettivi indicativi nazionali» e all'art. 4
ha conferito agli Stati membri la possibilita' di stabilire specifici
«regimi di sostegno», demandando  alla  Commissione,  per  un  verso,
(par. 1) la  valutazione  della  coerenza  di  questi  ultimi  con  i
principi in materia di aiuti di Stato (articoli 87 e 88 Trattato  CE,
oggi articoli 107  e  108  Trattato  UE),  «tenendo  conto  che  essi
contribuiscono a perseguire gli obiettivi stabiliti negli articoli  6
e 174 del  Trattato»  (si  tratta  delle  disposizioni  sulla  tutela
dell'ambiente e sulla  politica  ambientale  comunitaria;  cfr.  oggi
articoli 11 e 191 Tratt. UE),  e,  per  altro  verso,  (par.  2),  la
presentazione (entro il 27.10.2005) di una relazione  sull'esperienza
maturata  e  di  un'eventuale  «proposta   relativa   a   un   quadro
comunitario» per i regimi di sostegno tale  da:  «a)  contribuire  al
raggiungimento  degli  obiettivi  indicativi  nazionali;  b)   essere
compatibile con i principi del mercato interno dell'elettricita';  c)
tener conto delle caratteristiche  delle  diverse  fonti  energetiche
rinnovabili, nonche' delle  diverse  tecnologie  e  delle  differenze
geografiche;  d)   promuovere   efficacemente   l'uso   delle   fonti
energetiche rinnovabili, essere semplice e al tempo stesso per quanto
possibile  efficiente,  particolarmente  in  termini  di  costi;   e)
prevedere per i regimi nazionali di sostegno periodi  di  transizione
sufficienti di  almeno  sette  anni  e  mantenere  la  fiducia  degli
investitori». 
    La dir. n. 2009/28/CE («promozione dell'uso dell'energia da fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE»)  compie  l'annunciato  cambio  di
passo,  avendo  il  legislatore  comunitario  ritenuto  di  procedere
attraverso l'indicazione agli Stati membri  di  «obiettivi  nazionali
obbligatori» per il raggiungimento  di  una  quota  pari  al  20%  di
consumo di energia da fonti rinnovabili entro il  2020  (Considerando
n.  13);  tali  obiettivi  hanno  la  «principale  finalita'»,   come
precisato  al  Considerando  n.  14,  di  «creare  certezza  per  gli
investitori nonche' stimolare  lo  sviluppo  costante  di  tecnologie
capaci  di  generare  energia  a  partire  da  ogni  tipo  di   fonte
rinnovabile». 
    In questa  nuova  prospettiva  -  e  ravvisata  ulteriormente  la
necessita',  stanti  le  diverse  condizioni  iniziali,  di  tradurre
l'anzidetto  «obiettivo   complessivo   comunitario»   in   obiettivi
individuali per ogni  Stato  membro,  «procedendo  ad  un'allocazione
giusta e  adeguata  che  tenga  conto  della  diversa  situazione  di
partenza e delle possibilita' degli Stati  membri,  ivi  compreso  il
livello  attuale  dell'energia  da  fonti  rinnovabili   e   il   mix
energetico» (cons. 15)  -,  la  direttiva  prende  specificamente  in
considerazione i regimi di sostegno nazionali. 
    In particolare, il Considerando n.  25  (nel  rilevare  che  «gli
Stati  membri  hanno  potenziali  diversi  in  materia   di   energia
rinnovabile  e  diversi  regimi  di  sostegno  all'energia  da  fonti
rinnovabili a livello nazionale», che la maggioranza di essi «applica
regimi di sostegno che accordano sussidi solo  all'energia  da  fonti
rinnovabili prodotta sul loro territorio»  e  che  «per  il  corretto
funzionamento dei regimi di sostegno nazionali e' essenziale che  gli
Stati membri possano controllare gli effetti e i costi dei rispettivi
regimi in funzione dei loro diversi potenziali») riconosce  che  «uno
strumento  importante  per  raggiungere  l'obiettivo  fissato   dalla
presente direttiva consiste nel garantire il  corretto  funzionamento
dei regimi di  sostegno  nazionali,  come  previsto  dalla  direttiva
2001/77/CE, al fine di  mantenere  la  fiducia  degli  investitori  e
permettere agli Stati membri di elaborare misure  nazionali  efficaci
per conformarsi al suddetto  obiettivo»  (cio'  anche  in  vista  del
coordinamento tra le misure di «sostegno transfrontaliero all'energia
da fonti rinnovabili» e i regimi di sostegno nazionale). 
    L'art. 3  individua,  pertanto,  gli  «obiettivi  e  [le]  misure
nazionali  generali  obbligatori  per  l'uso  dell'energia  da  fonti
rinnovabili» (quello per  l'Italia  e'  pari  al  17%;  cfr.  Tabella
all'allegato I, parte A) e rimarca  la  possibilita'  per  gli  Stati
membri di utilizzare, tra l'altro, i regimi  di  sostegno  (par.  3),
definiti dal precedente art. 2, par.  2,  lettera  k),  nei  seguenti
termini: «strumento, regime  o  meccanismo  applicato  da  uno  Stato
membro o gruppo di Stati membri,  inteso  a  promuovere  l'uso  delle
energie da fonti rinnovabili riducendone i costi, aumentando i prezzi
a cui possono essere vendute o aumentando, per mezzo di  obblighi  in
materia di energie rinnovabili o altri mezzi, il volume acquistato di
dette  energie.  Cio'  comprende,  ma  non  in  via   esclusiva,   le
sovvenzioni agli investimenti, le esenzioni o gli sgravi fiscali,  le
restituzioni d'imposta, i regimi di sostegno all'obbligo  in  materia
di energie rinnovabili, compresi quelli che usano certificati  verdi,
e i regimi di sostegno diretto dei prezzi, ivi comprese le tariffe di
riacquisto e le sovvenzioni». 
    1.2. Il recepimento delle direttive in  Italia:  i  cc.dd.  Conti
Energia. 
    1.2.1.  La  dir.  2001/77  e'  stata  recepita  con  il   decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, che in attuazione della  delega
di cui all'art. 43 legge 1° marzo  2002,  n.  39  (Legge  Comunitaria
2001), ha offerto il quadro di riferimento generale per la promozione
delle «fonti energetiche rinnovabili o  fonti  rinnovabili»  (art.  2
comma 1, lettera a), introducendo varie misure incentivanti. 
    Per quel che oggi rileva, la produzione di energia  elettrica  da
fonte solare e' specificamente presa in  considerazione  dall'art.  7
(«disposizioni specifiche per il solare»), che ha demandato a «uno  o
piu'  decreti»  interministeriali  (del  Ministro   delle   attivita'
produttive, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e d'intesa con la Conferenza unificata) la definizione dei
«criteri» di incentivazione (comma 1). 
    La delega all'autorita' governativa e' assai ampia. 
    La disposizione sancisce infatti (comma 2, lettere da a a g)  che
detti «criteri» stabiliscano («senza  oneri  per  il  bilancio  dello
Stato e nel rispetto della normativa  comunitaria  vigente»):  a)  «i
requisiti dei soggetti che possono beneficiare  dell'incentivazione»;
b) «i requisiti tecnici minimi dei componenti e degli  impianti»;  c)
«le condizioni per la  cumulabilita'  dell'incentivazione  con  altri
incentivi»;  d)  le  modalita'  per  la  determinazione  dell'entita'
dell'incentivazione. Per l'elettricita' prodotta mediante conversione
fotovoltaica della  fonte  solare  prevedono  una  specifica  tariffa
incentivante, di importo decrescente e di durata  tali  da  garantire
una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio»;  e)
«un obiettivo della potenza nominale da installare»;  f)  «il  limite
massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti  che
possono ottenere  l'incentivazione»;  g)  l'eventuale  «utilizzo  dei
certificati verdi» ex  art.  11,  comma  3,  decreto  legislativo  n.
79/1999. 
    I decreti ministeriali adottati in base all'art. 7 sono noti  con
la denominazione di «Conti Energia» e sono  identificati  con  numero
ordinale progressivo in relazione alle versioni via via succedutesi: 
    primo Conto energia (dd.mm. 28 luglio 2005  e  6  febbraio  2006,
recanti distinzione delle tariffe in relazione alla potenza nominale,
se superiore o non a 20 kW; le «tariffe decrescenti»  sono  stabilite
in dipendenza dell'anno  in  cui  la  domanda  di  incentivazione  e'
presentata); 
    secondo Conto energia  (d.m.  19  febbraio  2007,  che  introduce
ulteriori    incentivazioni    per     gli     impianti     integrati
architettonicamente  e  un  premio  per  quelli  abbinati  a  un  uso
efficiente dell'energia); 
    terzo Conto energia (d.m. 6 agosto 2010, nelle  cui  premesse  si
ravvisa la necessita'  di  «intervenire  al  fine  di  aggiornare  le
tariffe incentivanti, alla luce della positiva decrescita  dei  costi
della tecnologia fotovoltaica, al fine di rispettare il principio  di
equa remunerazione dei costi» ex art. 7 decreto  legislativo  n.  387
del 2003 e «di stimolare l'innovazione e  l'ulteriore  riduzione  dei
costi», attraverso una «progressiva diminuzione  [di  dette  tariffe]
che, da un lato, miri ad un allineamento graduale verso  gli  attuali
costi delle tecnologie  e  che,  dall'altro,  mantenga  stabilita'  e
certezza sul mercato»). 
    In ciascuno di questi provvedimenti la durata dell'incentivazione
e' stabilita in venti anni,  decorrenti  dalla  data  di  entrata  in
esercizio dell'impianto (cfr. articoli 5, comma 2, e 6, commi 2 e  3,
decreto ministeriale 28 luglio 2005, art. 6 decreto  ministeriale  19
febbraio 2007, che precisa come il valore della tariffa sia «costante
in moneta corrente» per tutto il periodo ventennale, e articoli 8, 12
e 14 decreto ministeriale 6 agosto 2010). 
    1.2.2.  La  dir.  2009/28  e'  stata  recepita  con  il   decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in attuazione della  delega  di  cui
all'art. 17, comma 1, legge 4 giugno 2010, n. 96  (Legge  Comunitaria
2009). 
    Individuate all'art. 1 le «finalita'» («il presente decreto [...]
definisce gli strumenti, i meccanismi,  gli  incentivi  e  il  quadro
istituzionale,   finanziario   e   giuridico,   necessari   per    il
raggiungimento degli obiettivi fino  al  2020  in  materia  di  quota
complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale  lordo
di energia e di quota di energia da fonti rinnovabili nei  trasporti.
[...]»), l'art. 3 stabilisce gli «obiettivi  nazionali»,  prevedendo,
per quanto qui rileva, che «la quota complessiva di energia da  fonti
rinnovabili sul consumo finale lordo di  energia  da  conseguire  nel
2020 e' pari a 17 per cento» (comma 1), obiettivo da perseguire  «con
una progressione temporale coerente con le indicazioni dei  Piani  di
azione nazionali per le  energie  rinnovabili  predisposti  ai  sensi
dell'art. 4 della direttiva 2009/28/CE» (comma 3). 
    Ai regimi di sostegno e' dedicato il Titolo V,  aperto  dall'art.
23 sui «principi generali» - capo I - ai sensi del quale: 
        «1. Il presente Titolo ridefinisce la disciplina  dei  regimi
di sostegno applicati all'energia prodotta  da  fonti  rinnovabili  e
all'efficienza energetica attraverso il riordino ed il  potenziamento
dei vigenti sistemi di incentivazione. La nuova disciplina stabilisce
un quadro generale volto alla promozione della produzione di  energia
da fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica in misura  adeguata
al raggiungimento degli obiettivi di cui all'art.  3,  attraverso  la
predisposizione di criteri e strumenti  che  promuovano  l'efficacia,
l'efficienza, la  semplificazione  e  la  stabilita'  nel  tempo  dei
sistemi di incentivazione, perseguendo nel contempo  l'armonizzazione
con altri strumenti di analoga finalita' e la riduzione  degli  oneri
di sostegno specifici in capo ai consumatori. 
    2. Costituiscono ulteriori principi generali  dell'intervento  di
riordino  e  di  potenziamento  dei  sistemi  di  incentivazioni   la
gradualita'  di  intervento   a   salvaguardia   degli   investimenti
effettuati  e  la  proporzionalita'  agli   obiettivi,   nonche'   la
flessibilita' della struttura dei regimi  di  sostegno,  al  fine  di
tener conto  dei  meccanismi  del  mercato  e  dell'evoluzione  delle
tecnologie delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica.». 
    Il Capo II (articoli da  24  a  26)  concerne  specificamente  la
produzione di energia da fonti rinnovabili. 
    L'art. 24  delinea  i  «meccanismi  di  incentivazione»  per  gli
impianti  che  entrano  in  esercizio  dopo  il  31   dicembre   2012
individuando  al  comma  2,  tra  gli  altri,  i  seguenti   «criteri
generali»: «a)  l'incentivo  ha  lo  scopo  di  assicurare  una  equa
remunerazione dei costi di investimento ed esercizio; b)  il  periodo
di diritto all'incentivo e' pari alla vita media utile  convenzionale
delle specifiche tipologie  di  impianto  e  decorre  dalla  data  di
entrata in esercizio dello stesso; c) l'incentivo resta costante  per
tutto il periodo di diritto e puo' tener conto del  valore  economico
dell'energia  prodotta;  d)  gli  incentivi  sono  assegnati  tramite
contratti di diritto privato fra il GSE e  il  soggetto  responsabile
dell'impianto,   sulla   base   di   un    contratto-tipo    definito
dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, entro tre mesi dalla
data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui  al  comma  5;
[...]». 
    L'art. 25 reca la disciplina transitoria, sancendo  al  comma  1,
che la produzione da  impianti  entrati  in  esercizio  entro  il  31
dicembre 2012 e' «incentivata con i meccanismi vigenti alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, con i correttivi  di  cui  ai
commi successivi». 
    I commi 9 e 10 dettano i «correttivi» per gli impianti  da  fonte
solare, mentre il successivo comma 11,  lettera  b),  n.  3,  dispone
l'abrogazione (a far tempo dal 1° gennaio 2013) dell'art.  7  decreto
legislativo n. 387/03 cit. «fatti salvi i diritti acquisiti». 
    In particolare: 
    il comma 9 sancisce l'applicabilita'  del  Terzo  Conto  (d.m.  6
agosto 2010 cit.) alla produzione degli  impianti  fotovoltaici  «che
entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011»; 
    il comma 10, per gli impianti con data di  entrata  in  esercizio
successiva al 1° giugno 2011 - e fatte salve le previsioni  dell'art.
2-sexies  decreto-legge  25  gennaio  2010,  n.  3  (convertito,  con
modifiche,  dalla  legge  22  marzo  2010,  n.  41)  che  ha   esteso
l'operativita' del Secondo Conto agli impianti ultimati entro  il  31
dicembre 2010 purche' entrati in esercizio entro il 30 giugno 2011 -,
ha demandato la disciplina  del  regime  incentivante  a  un  decreto
ministeriale (emanato  dal  Ministro  dello  sviluppo  economico,  di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare, sentita la Conferenza unificata), da adottare sulla  base
dei seguenti principi: «a) determinazione di  un  limite  annuale  di
potenza elettrica cumulativa degli impianti fotovoltaici che  possono
ottenere le tariffe incentivanti;  b)  determinazione  delle  tariffe
incentivanti tenuto conto della riduzione dei costi delle  tecnologie
e dei costi di impianto  e  degli  incentivi  applicati  negli  Stati
membri dell'Unione europea; c) previsione di tariffe  incentivanti  e
di quote differenziate sulla base della natura dell'area  di  sedime;
d)  applicazione  delle  disposizioni   dell'art.   7   del   decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in quanto compatibili [...]». 
    In attuazione del comma 10 sono stati  adottati  gli  ultimi  due
Conti Energia: 
    Quarto  Conto  Energia  (d.m.  5  maggio  2011),  di  cui   giova
richiamare: l'art. 1, comma 2, secondo cui «[...] il presente decreto
si applica agli impianti fotovoltaici che  entrano  in  esercizio  in
data successiva al 31 maggio 2011 e fino al 31 dicembre 2016, per  un
obiettivo indicativo di potenza installata  a  livello  nazionale  di
circa 23.000 MW, corrispondente ad un costo indicativo cumulato annuo
degli incentivi stimabile tra 6 e 7 miliardi di euro», nonche' l'art.
2, comma 3, secondo cui «al raggiungimento del minore dei  valori  di
costo indicativo cumulato annuo di cui all'art.  1,  comma  2,  [...]
possono essere riviste le  modalita'  di  incentivazione  di  cui  al
presente decreto, favorendo in ogni  caso  l'ulteriore  sviluppo  del
settore»; 
    Quinto Conto Energia (d.m. 5 luglio 2012), il cui art. 1 prevede: 
    comma 1: che, in attuazione  dell'art.  25,  comma  10,  cit.  (e
tenuto conto di quanto stabilito dal Quarto Conto all'art.  2,  comma
3,  cit.),  esso  disciplina  le  modalita'  di  incentivazione   «da
applicarsi successivamente al raggiungimento di un  costo  indicativo
cumulato annuo degli incentivi di 6 miliardi di euro»; 
    comma 2: che l'Autorita' per l'energia elettrica  e  il  gas  (di
seguito, AEEG) «[...] individua la data in cui  il  costo  indicativo
cumulato annuo  degli  incentivi  [...]  raggiunge  il  valore  di  6
miliardi di euro l'anno»  (precisando  al  comma  3  l'applicabilita'
delle modalita' incentivanti  ivi  previste  «decorsi  quarantacinque
giorni solari dalla data di pubblicazione della deliberazione di  cui
al comma»); 
    comma 5: che lo stesso decreto ministeriale «cessa di applicarsi,
in  ogni  caso,  decorsi  trenta  giorni   solari   dalla   data   di
raggiungimento di un costo indicativo cumulato  di  6,7  miliardi  di
euro l'anno» (data parimenti individuata dall'AEEG). 
    L'AEEG ha dato atto del raggiungimento di tale «costo  indicativo
cumulato annuo degli incentivi»: 
    al 12 luglio 2012, quanto al valore di 6 miliardi  di  euro,  con
conseguente applicazione  delle  modalita'  incentivanti  del  Quinto
Conto a decorrere dal 27 agosto 2012 (delibera  12  luglio  2012,  n.
292/2012/R/EFR, pubblicata in pari data nel sito internet AEEG); 
    al 6 giugno 2013, quanto al valore di 6,7 miliardi di  euro,  con
conseguente cessazione degli effetti del Quinto  Conto  al  6  luglio
2013» (delibera 6 giugno 2013, n. 250/2013/R/EFR, pubblicata in  pari
data nel sito internet). 
    Ne segue che non sono piu' incentivati gli impianti  aventi  data
di entrata in esercizio successiva al 7 luglio 2013. 
    Giova infine precisare che anche il Quarto  e  il  Quinto  Conto,
analogamente ai tre precedenti, fissano in venti anni il  periodo  di
durata dell'incentivazione (articoli 12, 16 e 18 decreto ministeriale
5 maggio 2011; art. 5 decreto ministeriale 5 luglio 2012). 
    In relazione alla data di entrata in esercizio degli impianti,  i
vari Conti Energia hanno operato per i seguenti periodi: 
    Primo Conto: 19 settembre 2005 - 30 giugno 2006; 
    Secondo Conto: 13 aprile 2007 - 31 dicembre 2010; 
    Terzo Conto: 1° gennaio  2011  -  31  maggio  2011  (cinque  mesi
anziche' i 3 anni originariamente previsti, ossia  fino  a  tutto  il
2013, sebbene con tariffe  inferiori  a  seconda  dell'annualita'  di
riferimento; cfr. articoli 1 e 8 decreto ministeriale 6 agosto 2010 e
art. 25, comma 9 decreto legislativo n. 28/2011); 
    Quarto Conto: 1° giugno 2011 - 26 agosto 2012; 
    Quinto Conto: 27 agosto 2012 - 6 luglio 2013. 
    1.2.3.  Quanto  allo  strumento   giuridico   disciplinante   gli
specifici rapporti di incentivazione, l'art. 24, comma 2, lettera d),
decreto legislativo n. 28/2011 cit., ha stabilito, come si e'  visto,
che le tariffe incentivanti siano  assegnate  «tramite  contratti  di
diritto privato fra il GSE e il soggetto  responsabile  dell'impianto
[...]», sulla base di un  «contratto-tipo»  definito  dall'AEEG  (gli
schemi di «contratti-tipo» predisposti dal GSE sono  stati  approvati
dall'Autorita' con delibera 6.12.2012, n. 516/2012/R/EFR,  pubblicata
in pari data nel sito internet istituzionale). 
    La disposizione,  direttamente  riferibile  al  Quarto  e  Quinto
Conto, ha, tuttavia, portata ricognitiva della situazione venutasi  a
determinare durante la vigenza dei primi tre Conti, in  relazione  ai
quali  il  Gestore  risulta  avere  concesso  i  benefici  attraverso
«convenzioni» con gli interessati (cfr. in proposito, con riferimento
al Terzo Conto, l'art. 13, all. A, delib. AEEG  ARG/elt  n.  181/2010
del 20 ottobre 2010, pubblicata sul sito AEEG  il  25  ottobre  2010,
recante previsione della redazione di uno schema tipo di convenzione;
nello stesso senso si vedano anche i richiami  alle  convenzioni  del
Primo, Secondo e Terzo Conto Energia presenti sul «Manuale Utente per
la richiesta di trasferimento di titolarita'»  del  novembre  2014  e
pubblicato sul sito internet del GSE). 
    Si tratta di atti aventi la medesima natura. 
    Tanto la «convenzione» quanto il  «contratto»  hanno  infatti  lo
scopo di regolamentare il rapporto giuridico tra il GSE e il soggetto
responsabile dell'impianto, secondo il consueto modello dei  rapporti
concessori,  nei  quali  accanto  al  provvedimento  di   concessione
l'amministrazione concedente e il privato  concessionario  concludono
un contratto (c.d. accessivo)  per  la  disciplina  delle  rispettive
obbligazioni. 
    1.3. Il contenzioso relativo al passaggio dal Terzo al  Quarto  e
dal Quarto al Quinto Conto Energia. 
    L'entrata  in  vigore  dell'art.  25,  commi  9  e  10,   decreto
legislativo n. 28/2011 e l'introduzione del  Quarto  Conto  (per  gli
impianti con data di entrata in esercizio  successiva  al  31  maggio
2011) hanno dato origine  a  una  serie  di  controversie  aventi  ad
oggetto, in estrema sintesi, l'anticipata  cessazione  degli  effetti
del Terzo Conto. 
    A) Con piu' pronunce di questa Sezione le azioni  proposte  dagli
interessati sono state respinte, poiche', per quanto  qui  interessa,
le contestate innovazioni riguardavano impianti non ancora entrati in
esercizio (v., ex multis,  sentenze  13  febbraio  2013,  n.  1578  -
confermata in appello - , 26 marzo 2013, nn. 3134, 3139, 3141,  3142,
3144; 2 aprile 2013, nn. 3274 e 3276, confermate da Cons. Stato, sez.
VI, 8 agosto 2014). 
    Piu'  precisamente,  e'  stata  esclusa  l'integrazione   di   un
affidamento tutelabile sul  rilievo  della  portata  non  retroattiva
della  nuova  disciplina,  diretta  a  regolamentare  l'accesso  agli
incentivi soltanto rispetto agli impianti che ancora non ne fruiscano
atteso che l'ammissione  al  regime  di  sostegno  non  sortisce  dal
possesso  del  titolo  amministrativo   idoneo   alla   realizzazione
dell'impianto (titolo che pure costituisce un requisito essenziale  a
questo fine), ma dall'entrata in  esercizio  dell'impianto  medesimo,
vale a dire dalla sua effettiva realizzazione e messa  in  opera;  in
quest'ottica, si e' sostenuto che il decreto legislativo  n.  28/2011
dispone per l'avvenire, individuando, quale discrimen  temporale  per
l'applicazione  delle  nuove  regole,  l'entrata  in   esercizio   al
31.5.2011 e disciplinando il passaggio al Quarto Conto attraverso  la
previsione di tre periodi, il primo, inteso  a  consentire  l'accesso
agli incentivi di tutti gli impianti entrati in esercizio entro il 31
agosto 2011, al fine di tutelare l'affidamento  degli  operatori  che
avessero quasi ultimato la  realizzazione  degli  impianti  sotto  il
vigore del Terzo Conto, il secondo,  dal  1°  settembre  2011  al  31
dicembre 2012, in cui l'accesso avviene attraverso  l'iscrizione  nei
registri, e il terzo, a regime, dal 2013  sino  alla  cessazione  del
Quarto Conto. 
    Muovendo dalla considerazione che  nell'ambito  delle  iniziative
pubbliche di promozione di specifici settori economici e'  necessario
identificare,  «sulla  base  di  elementi  dotati   di   apprezzabile
certezza, pena l'indeterminatezza delle situazioni e la perpetrazione
di possibili discriminazioni», un momento nel quale l'aspettativa del
privato si consolida e acquisisce  consistenza  giuridica,  e'  stata
riconosciuta  la  correttezza  dell'individuazione  di  un  discrimen
ancorato alla data di entrata in esercizio dell'impianto,  scelta  da
ritenere giustificata alla luce  delle  caratteristiche  del  sistema
incentivante  in  esame,  fondato  sulla  distinzione  tra  la   (pur
complessa) fase di predisposizione  dell'intervento  impiantistico  e
quella (altrettanto, se non piu' complessa) di sua messa in opera. Ed
e' a questo secondo momento (l'entrata  in  esercizio,  appunto)  che
occorre rivolgere l'attenzione per individuare il  fatto  costitutivo
del diritto alla percezione dei benefici il che si spiega  alla  luce
della generale  finalita'  del  regime  di  sostegno  (produzione  di
energia  da  fonte  rinnovabile)  e  dell'esigenza,  a   tale   scopo
strumentale, che le iniziative imprenditoriali si traducano in azioni
concrete ed effettive. 
    E' stato, pertanto, rilevato come in quelle  ipotesi  venisse  in
esame la posizione di soggetti che  intendevano  tutelare,  piu'  che
l'interesse alla conservazione di un assetto che ha prodotto  effetti
giuridicamente rilevanti, scelte  imprenditoriali  effettuate  in  un
momento nel quale le stesse, a loro giudizio, si  sarebbero  rivelate
foriere di flussi reddituali positivi,  non  risultando  in  concreto
ravvisabili elementi tali da deporre nel senso dell'immutabilita' del
contributo pubblico al settore in considerazione. Ed e' stata esclusa
la dedotta lesione del legittimo  affidamento  degli  operatori  alla
stregua  dell'orientamento  della  giurisprudenza  europea  e   della
disamina degli elementi di fatto in concreto  rilevanti,  attestanti,
in sintesi, una situazione di esubero di «offerta» di  produzione  da
fotovoltaico (c.d.  «boom  del  fotovoltaico»)  in  presenza  di  una
consistente diminuzione dei costi (con particolare  riferimento  alle
componenti base degli impianti). 
    Sotto questo profilo, e' stata richiamata la sentenza della Corte
di  giustizia  10  settembre  2009,  in  causa  C-201/08,  Plantanol,
concernente l'abolizione anticipata di un regime di esenzione fiscale
per un biocarburante, nella quale il Giudice comunitario ha chiarito:
a) per un verso, che il principio di certezza del diritto non postula
l'«assenza di modifiche legislative», richiedendo «piuttosto  che  il
legislatore tenga conto delle situazioni particolari degli  operatori
economici  e  preveda,  eventualmente,  adattamenti  all'applicazione
delle nuove norme giuridiche» (punto 49); b) per altro verso, che  la
possibilita' di far valere la tutela  del  legittimo  affidamento  e'
bensi' «prevista per ogni operatore economico nel quale  un'autorita'
nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative», ma  non  «qualora
un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di  prevedere
l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi» (nel
caso in cui il provvedimento venga adottato);  in  tale  prospettiva,
inoltre, «gli operatori economici  non  possono  fare  legittimamente
affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che  puo'
essere  modificata  nell'ambito  del   potere   discrezionale   delle
autorita' nazionali» (punto 53), spettando al giudice  nazionale,  in
una valutazione globale e in concreto  delle  pertinenti  circostanze
fattuali, stabilire se l'impresa ricorrente disponga «come  operatore
prudente e accorto, [...] di elementi sufficienti per consentirle  di
aspettarsi che il regime di esenzione fiscale di cui  trattasi  fosse
abolito prima della data iniziale prevista per la sua scadenza»,  non
sussistendo - giova ribadire - preclusioni derivanti dai canoni della
certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento  (punti
67 e 68). 
    E' stata, nell'occasione,  esclusa  la  lesione  degli  anzidetti
principi generali, non potendo dubitarsi  della  circostanza  che  il
settore  del  fotovoltaico  abbia  subito  negli  anni  piu'  recenti
notevoli  modifiche  in  ragione  dell'andamento  dei   costi   delle
componenti impiantistiche (in particolare, per  effetto  della  forte
riduzione del costo dei pannelli solari) e  dell'aumento  progressivo
delle potenze installate. 
    Il Tribunale  ha  ritenuto  che  di  tale  linee  tendenziali  un
operatore «prudente e  accorto»  fosse  ben  consapevole  e  cio'  in
ragione,  oltre  che  dell'intrinseca  mutevolezza  dei   regimi   di
sostegno, delle modalita' con cui questi sono stati  declinati  dalle
autorita' pubbliche nazionali sin dal Primo Conto, vale a dire con un
orizzonte temporale assai limitato e con ripetuti interventi a  breve
distanza di tempo (quattro in  soli  cinque  anni,  dal  luglio  2005
all'agosto 2010). 
    La lettura coordinata di questi elementi  permette  di  affermare
come un operatore avveduto fosse senz'altro in grado di percepire  le
mutazioni del contesto economico di riferimento nonche'  il  prossimo
raggiungimento  della  «grid  parity»  degli  impianti   fotovoltaici
rispetto a quelli convenzionali. 
    B) Il Consiglio di Stato (sent. n. 4233/2014) ha  condiviso  tale
impostazione, riconoscendo che «la tutela del  legittimo  affidamento
e'   principio   connaturato   allo   Stato   di   diritto   sicche',
regolamentando contro di esso, il legislatore statale viola i  limiti
della discrezionalita' legislativa (Corte Cost.,  sentenze  9  luglio
2009, n. 206, e 8 maggio 2007, n. 156)», e negando la sussistenza  di
un «legittimo affidamento tutelabile», atteso che nel caso portato al
suo esame non si  controverteva  di  «provvedimenti  e  diritti  gia'
legittimamente acquisiti sulla base della normativa anteriore» e  non
era risultato che l'amministrazione  pubblica  avesse  «orientato  le
societa' ricorrenti verso comportamenti negoziali che altrimenti  non
avrebbero tenuto». 
    Ne' e'  stata  riscontrata  la  sussistenza  di  un  investimento
meritevole di  essere  salvaguardato,  posto  che  «la  rimodulazione
legislativa non e' stata affatto incerta o improvvisa  ma  conosciuta
dagli operatori (accorti) del  settore  come  in  itinere  (la  nuova
direttiva comunitaria e' infatti del 2009)». 
    Su tali basi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che mancassero «i
fondamentali causali di un legittimo e ragionevole  affidamento,  non
essendo infatti intervenuta in vicenda nessuna inosservanza da  parte
della pubblica amministrazione statale della disciplina comunitaria e
nazionale  ovvero  alcuna  condotta,  omissiva   o   commissiva,   in
violazione di una specifica norma dalla  materia  di  settore  posta,
oppure trasgressione ai principi generali di prudenza, di diligenza e
di proporzionalita', nel concretizzare in modo conforme  la  volonta'
di legge» (cosi' Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2014, n.  4233;  nello
stesso senso n. Cons. Stato n. 4234/2014). 
    Sempre sulla medesima questione, il Consiglio di Stato  (sentenza
n. 1043/2015): 
    ha osservato che «l'incentivo sulla  produzione  ha  il  fine  di
stimolare la installazione di impianti fotovoltaici con  l'effetto  e
il vantaggio di garantire, assieme alla copertura parallela (parziale
o totale) dei propri consumi elettrici e alla  vendita  di  eventuali
surplus energetici prodotti da parte dell'impianto stesso, un  minore
tempo di recupero dei costi di impianto iniziale  di  investimento  e
successivo maggiore guadagno»; 
    ha disatteso la  prospettazione  degli  operatori  sulla  portata
lesiva delle innovazioni - in quanto «foriere di effetti deleteri per
la tutela degli investimenti gia' programmati sulla base  del  quadro
normativo previgente (Terzo Conto  Energia),  che  doveva  estendersi
fino a  tutto  il  2012»  -  reputando  manifestamente  infondate  le
questioni di legittimita' costituzionale relative alle inerenti norme
del decreto  legislativo  n.  28/2011,  «dovendosi  ritenere  che  la
violazione del diritto alla  iniziativa  economica,  cosi'  come  dei
principi di buon andamento e di parita' di trattamento, si concretino
solo allorquando la  nuova  norma  incida  in  modo  peggiorativo  su
aspettative qualificate, gia' pervenute,  pero',  ad  un  livello  di
consolidamento   cosi'   elevato    da    creare    un    affidamento
costituzionalmente protetto alla conservazione di  quel  trattamento,
tale da prevalere su vincoli di bilancio e di buona amministrazione o
sulla  revisione  prevista   di   precedenti   politiche   economiche
pubbliche» e cio' sul rilievo che la disciplina del Quarto Conto «non
tocca le iniziative gia' avviate (quelle per cui  gli  impianti  sono
entrati in esercizio al 31 maggio 2011) e introduce  una  ragionevole
distinzione  tra  le  diverse  situazioni  di  fatto,  operando   una
distinzione sulla base della  data  di  entrata  in  esercizio  degli
impianti». 
    Si puo' anche  ricordare  che  sulla  base  di  un'analoga  linea
argomentativa sempre il Giudice d'appello ha confermato  le  pronunce
di reiezione delle domande avanzate da  alcuni  soggetti  destinatari
degli incentivi del Quinto Conto dirette  a  ottenere  l'applicazione
del Quarto, rilevando, altresi': 
    l'impossibilita' di invocare  le  tutela  dei  «diritti  quesiti»
accordata dall'art. 25, comma 11,  decreto  legislativo  n.  28/2011,
perche' (tra l'altro) «nella specie, il diritto non era  sorto»,  pur
essendo  «comprensibile  il  rammarico  del  soggetto  che,   avviata
un'attivita' imprenditoriale, si  veda  modificato  il  quadro  delle
agevolazioni su cui  faceva  conto»,  risultato  tuttavia  dipendente
«dalla restrizione strutturale delle risorse disponibili» e che  «non
essendo ne' irragionevole ne' imprevedibile alla luce della normativa
[...], rappresenta un evento che va riportato al rischio di  impresa,
nel momento in cui il "boom del fotovoltaico" si e'  espresso  in  un
numero di iniziative verosimilmente superiore a quello  previsto  dai
soggetti pubblici e dagli stessi operatori privati del settore»; 
    l'infondatezza della doglianza  prospettante  la  «retroattivita'
della imposizione patrimoniale introdotta con l'art. 10, comma 4, del
decreto ministeriale 5 luglio 2012» a far tempo dal 1° gennaio 2011 e
a carico di tutti i soggetti  beneficiari  delle  incentivazioni  (ai
fini della «copertura degli oneri di gestione, verifica  e  controllo
in  capo  al  GSE»),  in  quanto  «l'impianto  era  gia'  entrato  in
esercizio, ma esso non godeva ancora di  alcun  incentivo,  cosicche'
sarebbe improprio dire che la norma vada a modificare in  peggio  una
situazione giuridica consolidata» (cosi' Cons.  Stato,  sez,  IV,  29
gennaio 2015, n. 420, confermativa della sentenza di  questa  Sezione
14 novembre 2013, n. 9749). 
2. I successivi interventi del legislatore nazionale. 
    Dopo la cessazione dei Conti Energia il legislatore nazionale  e'
intervenuto nuovamente sul settore,  dapprima  col  decreto-legge  n.
145/2013 e poi con il decreto-legge n. 91/2014, oggi in esame. 
    2.1.  Il  decreto-legge   n.   145/2013:   lo   «spalma-incentivi
volontario». 
    Il decreto-legge 23 dicembre 2013,  n.  145,  c.d.  «Destinazione
Italia»  («Interventi  urgenti  di  avvio  del  piano   'Destinazione
Italia', per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas,  per
l'internazionalizzazione, lo sviluppo  e  la  digitalizzazione  delle
imprese, nonche' misure per la realizzazione di  opere  pubbliche  ed
EXPO 2015», convertito  in  legge,  con  modifiche,  dalla  legge  21
febbraio  2014,  n.  9),   introduce   all'art.   1   (tra   l'altro)
«disposizioni per la  riduzione  dei  costi  gravanti  sulle  tariffe
elettriche» prevedendo, in particolare, ai commi da 3 a 5,  «al  fine
di contenere l'onere annuo sui  prezzi  e  sulle  tariffe  elettriche
degli incentivi alle energie  rinnovabili  e  massimizzare  l'apporto
produttivo nel medio-lungo  termine  dagli  esistenti  impianti»,  un
meccanismo di rimodulazione degli incentivi, tale che  «i  produttori
di energia elettrica da fonti rinnovabili titolari  di  impianti  che
beneficiano di incentivi sotto la forma di certificati verdi, tariffe
omnicomprensive  ovvero  tariffe  premio  possono,  per  i   medesimi
impianti, in misura alternativa: a: continuare a  godere  del  regime
incentivante spettante per il periodo di diritto residuo  [...];  b):
optare  per  una  rimodulazione  dell'incentivo  spettante,  volta  a
valorizzare l'intera vita utile dell'impianto» e  con  un  incremento
del periodo dell'incentivazione di 7 anni. 
    Si tratta in sostanza del c.d. «spalma-incentivi volontario». 
    2.2.  Il   decreto-legge   n.   91/2014:   lo   «spalma-incentivi
obbligatorio». 
    Da ultimo e' stato adottato il decreto-legge 24 giugno  2014,  n.
91, c.d. «decreto Competitivita'», recante «Disposizioni urgenti  per
il  settore  agricolo,  la  tutela  ambientale  e   l'efficientamento
energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo
sviluppo delle imprese, il  contenimento  dei  costi  gravanti  sulle
tariffe  elettriche,  nonche'  per  la   definizione   immediata   di
adempimenti derivanti  dalla  normativa  europea»  (pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2014, in vigore dal 25 giugno
2014), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11  agosto
2014, n. 116 (in vigore dal 21 agosto 2014). 
    L'art.  26,  oggi  in  esame,  reca  «interventi  sulle   tariffe
incentivanti dell'elettricita' prodotta da impianti fotovoltaici». 
    Ai fini di un piu' agevole esame, esso puo' essere  suddiviso  in
quattro parti: 
A) ambito applicativo e finalita' (comma 1): 
    «1. Al fine di ottimizzare la gestione dei tempi di  raccolta  ed
erogazione degli incentivi e  favorire  una  migliore  sostenibilita'
nella politica di  supporto  alle  energie  rinnovabili,  le  tariffe
incentivanti  sull'energia  elettrica  prodotta  da  impianti  solari
fotovoltaici, riconosciute in base all'art. 7 del decreto legislativo
29 dicembre 2003, n. 387,  e  all'art.  25,  comma  10,  del  decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono erogate  secondo  le  modalita'
previste dal presente articolo.» 
    L'intervento si rivolge ai percettori delle tariffe  incentivanti
riconosciute in base ai Conti Energia ed  e'  ispirato  alla  duplice
finalita' di «ottimizzare  la  gestione  dei  tempi  di  raccolta  ed
erogazione degli incentivi», cui  e'  collegato  il  comma  2,  e  di
«favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto alle
energie rinnovabili»; 
B) modalita' di erogazione (comma 2): 
    «2. A decorrere dal secondo semestre 2014, il Gestore dei servizi
energetici S.p.A. eroga le tariffe incentivanti di cui  al  comma  1,
con rate mensili costanti, in misura  pari  al  90  per  cento  della
producibilita' media annua stimata  di  ciascun  impianto,  nell'anno
solare di produzione ed effettua il  conguaglio,  in  relazione  alla
produzione effettiva, entro il 30  giugno  dell'anno  successivo.  Le
modalita' operative sono definite dal GSE entro quindici giorni dalla
pubblicazione del  presente  decreto  e  approvate  con  decreto  del
Ministro dello sviluppo economico». 
    La norma introduce, a far tempo dal 1° luglio 2014, un sistema di
erogazione  delle  tariffe   incentivanti   secondo   il   meccanismo
acconti-conguaglio (acconto del 90% della «producibilita' media annua
stimata di ciascun impianto» nell'anno di produzione, da  versare  in
«rate mensili costanti», e  «conguaglio»,  basato  sulla  «produzione
effettiva», entro il 30  giugno  dell'anno  successivo  a  quello  di
produzione). 
    A tale comma e' stata data attuazione con il decreto ministeriale
16 ottobre 2014 (pubbl.  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  248  del  24
ottobre 2014); 
C) rimodulazione (comma 3): 
    «3. A decorrere dal 1° gennaio 2015, la tariffa incentivante  per
l'energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200
kW e' rimodulata, a scelta dell'operatore, sulla base  di  una  delle
seguenti opzioni da comunicare al GSE entro il 30 novembre 2014: 
    a) la tariffa e' erogata per un periodo di  24  anni,  decorrente
dall'entrata in esercizio  degli  impianti,  ed  e'  conseguentemente
ricalcolata  secondo  la  percentuale  di  riduzione  indicata  nella
tabella di cui all'allegato 2 al presente decreto; 
    b) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa
e'  rimodulata  prevedendo  un  primo  periodo  di  fruizione  di  un
incentivo ridotto  rispetto  all'attuale  e  un  secondo  periodo  di
fruizione  di  un  incentivo  incrementato  in   ugual   misura.   Le
percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del  Ministro
dello  sviluppo  economico,   sentita   l'Autorita'   per   l'energia
elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1° ottobre
2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli  aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti; 
    c) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa
e' ridotta di una quota percentuale dell'incentivo riconosciuto  alla
data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua
del periodo di incentivazione, secondo le seguenti quantita': 
    1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore
a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW; 
    2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore
a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW; 
    3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore
a 900 kW. 
    In assenza  di  comunicazione  da  parte  dell'operatore  il  GSE
applica l'opzione di cui alla lettera c)». 
    Il comma 3 delinea la disciplina sostanziale della rimodulazione,
stabilendone l'operativita' a decorrere dal 1° gennaio 2015. 
    L'ambito soggettivo di applicazione e' piu' ristretto  di  quello
contemplato dal comma 1,  venendo  presi  in  considerazione  i  soli
«impianti di potenza nominale superiore a 200 kW». 
    Per altro l'art. 22-bis,  comma  1,  decreto-legge  12  settembre
2014, n. 133 (convertito, con  modifiche,  dalla  legge  11  novembre
2014,  n.  164),  ha  operato  un'ulteriore  restrizione,  esonerando
dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da  3  a  6  gli
«impianti i cui soggetti responsabili erano [alla data di entrata  in
vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 91/2014]  enti
locali o scuole». 
    Il citato art. 26, comma 3 concede agli operatori la possibilita'
di optare entro il 30 novembre 2014 fra tre modalita' alternative: 
    lettera A): estendere la durata  dell'incentivazione  sino  a  24
anni (decorrenti dalla data di entrata in  esercizio  dell'impianto):
in tal caso si applicano le riduzioni indicate nella tabella  di  cui
all'Allegato 2 al decreto-legge n. 91/2014, formulata sulla  base  di
una proporzione inversa tra «periodo residuo» (dell'incentivazione) e
«percentuale di riduzione»; segnatamente,  essa  e'  suddivisa  in  8
scaglioni  di  «periodo  residuo»,  a  partire  da  «12  anni»,   cui
corrisponde una riduzione del 25%, sino a  «19  anni  e  oltre»,  cui
corrisponde una riduzione del 17% (l'art. 26 comma 4 chiarisce che le
riduzioni in questione, ove riferite alle  «tariffe  onnicomprensive»
erogate ai sensi del IV e  del  V  conto,  «si  applicano  alla  sola
componente incentivante»); 
    lettera  B):  ferma  la  durata  ventennale  dell'incentivazione,
suddividerla in due «periodi», il primo dei quali «di fruizione di un
incentivo ridotto rispetto all'attuale» e il secondo «di fruizione di
un incentivo incrementato in ugual misura». 
    Secondo   la   disposizione,   le   relative   percentuali    (di
rimodulazione) avrebbero dovuto essere emanate entro  il  1°  gennaio
2014 «in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi
titolo all'opzione, un  risparmio  di  almeno  600  milioni  di  euro
all'anno per il periodo 2015-2019, rispetto  all'erogazione  prevista
con le tariffe vigenti». 
    A tale  previsione  e'  stata  data  attuazione  con  il  decreto
ministeriale 17 ottobre 2014 (pubbl. nella Gazzetta Ufficiale n.  248
del 24 ottobre 2014); 
        lettera C): ferma la durata  ventennale  dell'incentivazione,
applicare una riduzione «dell'incentivo  riconosciuto  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, per  la  durata  residua  del
periodo  di  incentivazione»  secondo  percentuali   determinate   in
relazione alla potenza (6% per  gli  impianti  con  potenza  nominale
maggiore di 200 e inferiore a 500  kW,  7%  per  quelli  con  potenza
superiore a 500 e inferiore a 900  kW  e  8%  per  gli  impianti  con
potenza superiore a 900 kW). 
    In caso di mancato esercizio della  scelta,  la  legge  prescrive
l'applicazione   di   questa   terza   ipotesi    (riduzione    secca
dell'incentivo); 
D) misure di «accompagnamento» (commi 5-12). 
    Un altro  blocco  di  disposizioni  introduce  alcune  misure  di
«accompagnamento» quali: 
        finanziamenti bancari (comma 5): 
          ai sensi  del  comma  5,  il  «beneficiario  della  tariffa
incentivante di cui ai commi 3 e  4  puo'  accedere  a  finanziamenti
bancari per un importo massimo pari alla differenza  tra  l'incentivo
gia' spettante al 31 dicembre 2014 e  l'incentivo  rimodulato»;  tali
finanziamenti     «possono     beneficiare,     cumulativamente     o
alternativamente, sulla base di apposite convenzioni con  il  sistema
bancario, di provvista dedicata o di garanzia  concessa  dalla  Cassa
depositi e prestiti S.p.A.» (CDP); a sua volta, l'esposizione di  CDP
e' garantita dallo Stato [...] secondo criteri e modalita'  stabiliti
con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia  e
delle finanze». 
    A tale disposizione e'  stata  data  attuazione  con  il  decreto
ministeriale 29 dicembre 2014 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
17 del 22 gennaio 2015); 
        adeguamento della durata dei titoli (comma 6): 
          in riferimento all'opzione sub lettera a),  «Le  regioni  e
gli enti locali adeguano, ciascuno per la parte di competenza  e  ove
necessario, alla durata  dell'incentivo  come  rimodulata  [...],  la
validita' temporale dei permessi rilasciati, comunque denominati, per
la costruzione e l'esercizio degli  impianti  fotovoltaici  ricadenti
nel campo di applicazione del presente articolo»; 
        «acquirente selezionato» (commi da 7 a 10, 12 e 13): 
          la  misura  concerne  tutti  «i  beneficiari  di  incentivi
pluriennali,  comunque  denominati,  per  la  produzione  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili» - non solo, dunque, i  produttori  da
energia solare - ,  i  quali  «possono  cedere  una  quota  di  detti
incentivi, fino ad un massimo dell'80 per  cento,  ad  un  acquirente
selezionato tra i primari operatori finanziari europei» (comma 7). 
    L'«acquirente selezionato» subentra ai beneficiari «nei diritti a
percepire  gli  incentivi»,  «salva  la  prerogativa»  dell'AEEG  «di
esercitare annualmente [...] l'opzione di acquisire tali diritti» per
un importo definito dalla stessa disposizione  (comma  8:  «a  fronte
della corresponsione di un importo pari alla rata  annuale  costante,
calcolata sulla base di  un  tasso  di  interesse  T,  corrispondente
all'ammortamento finanziario del costo sostenuto per  l'acquisto  dei
diritti di un arco temporale analogo a  quello  riconosciuto  per  la
percezione degli incentivi»). 
    E' demandata, poi, all'AEEG la definizione (entro il 19  novembre
2014) delle inerenti modalita' attuative, attraverso  la  definizione
del sistema per gli acquisti e la cessione delle quote (comma 9) e la
destinazione  «a  riduzione  della  componente  A3  degli  oneri   di
sistema», «nel rispetto di specifici indirizzi» dettati  con  decreto
del Ministro dello sviluppo economico, dell'«eventuale differenza tra
il  costo  annuale  degli   incentivi»   acquistati   dall'acquirente
selezionato e l'importo annuale determinato ai sensi del comma 8. 
    L'art. 26 prevede ancora: 
    al comma 12, che «alle quote di incentivi cedute ai  sensi  delle
disposizioni di cui al comma 9 non si applicano,  a  decorrere  dalla
data di cessione, le misure di rimodulazione di cui al comma 3»; 
    al comma 13, che «l'efficacia delle disposizioni di cui ai  commi
da 7 a 12  e'  subordinata  alla  verifica  da  parte  del  Ministero
dell'economia e delle  finanze  della  compatibilita'  degli  effetti
delle operazioni sottostanti sui saldi di finanza  pubblica  ai  fini
del rispetto degli impegni assunti in sede europea». 
    Infine, con il comma 11 viene demandato al Governo  di  «assumere
ogni iniziativa utile a dare piena esecuzione alle  disposizioni  del
presente articolo, inclusi eventuali accordi con il sistema  bancario
per  semplificare  il  recesso  totale  o   parziale   dei   soggetti
beneficiari di incentivi pluriennali dai contratti  di  finanziamento
stipulati». 
    Da ultimo, giova dare atto che il GSE ha pubblicato  nel  proprio
sito istituzionale le «Istruzioni operative per gli interventi  sulle
tariffe incentivanti relative agli impianti fotovoltaici» (con data 3
novembre 2014), recanti precisazioni sulle modalita' di  applicazione
del nuovo meccanismo. 
3. Gli effetti dell'art. 26, comma 3 del decreto-legge n. 91/2014. 
    Come  si  e'  visto,  le  previsioni  dell'art.   26,   comma   3
decreto-legge n. 91/2014 incidono sugli incentivi percepiti, in  base
alle convenzioni stipulate con il GSE in attuazione  dei  vari  Conti
Energia, dai titolari  degli  impianti  fotovoltaici  aventi  potenza
superiore a 200 kW. 
    Quanto al campo applicativo soggettivo, la platea dei destinatari
della  norma  costituisce  una  percentuale  ridotta   dei   soggetti
percettori dei benefici. 
    Dai dati  pubblicati  dal  GSE  nel  proprio  sito  istituzionale
risulta che al 31 luglio 2014 su un totale  di  n.  550.785  impianti
incentivati, per una potenza complessiva di  ca.  17,731  MW,  12.264
hanno potenza superiore a 200 kW. 
    Sotto il profilo oggettivo, ciascuna delle opzioni  del  comma  3
impatta in senso peggiorativo sulla posizione degli operatori siccome
definita nelle convenzioni di incentivazione, esplicando  un  effetto
novativo sugli elementi della durata  o  dell'importo  delle  tariffe
incentivanti o su entrambi, e tanto anche a non voler tener conto dei
costi di transazione  derivanti  dalla  necessita'  di  adeguare  gli
assetti in essere alla nuova situazione. 
    E infatti, a parte la riduzione secca delle tariffe di  cui  alla
lettera c), avente chiara portata negativa: 
    l'allungamento della durata divisata dalla lettera a) (estensione
a 24 anni con proporzionale riduzione delle quote annuali),  oltre  a
comportare una differita  percezione  degli  incentivi,  di  per  se'
(notoriamente) pregiudizievole, non puo' non incidere  sui  parametri
iniziali dell'investimento, impattando anche sui  costi  dei  fattori
produttivi (si pensi a es. alle attivita' di  gestione,  alla  durata
degli eventuali finanziamenti bancari, dei contratti stipulati per la
disponibilita' delle  aree,  delle  assicurazioni,  ecc.),  ferma  la
necessita'   del   parallelo   adeguamento   dei   necessari   titoli
amministrativi (cfr. comma 6); 
    la lettera b)  determina  una  riduzione  degli  importi  per  il
quadriennio 2015-2019 (tale da generare un risparmio di  «almeno  600
milioni» di euro per l'ipotesi di adesione all'opzione di  tutti  gli
interessati)  e  un  incremento  nel  periodo   successivo   (secondo
l'algoritmo definito  col  decreto  ministeriale  17  ottobre  2014):
poiche' l'incentivo e'  funzione  della  produzione,  il  fisiologico
invecchiamento degli impianti, assoggettati nel corso del tempo a una
diminuzione   di   produttivita',   determina   la    non    completa
recuperabilita' dei minori importi  relativi  al  periodo  2015-2019,
attraverso  gli  incrementi  delle  tariffe  riferibili  al   periodo
successivo (nel quale gli impianti stessi hanno minore efficienza). 
4. La rilevanza della questione di legittimita'. 
    Il Collegio  ritiene  sottoporre  alla  Corte  costituzionale  il
vaglio di legittimita' dell'art. 26  comma  3  del  decreto-legge  n.
91/2014 come convertito dalla legge n. 116/2014. 
    In  ordine  alla  rilevanza  della  questione   di   legittimita'
costituzionale il Tribunale ritiene che la  disposizione,  della  cui
legittimita' si dubita, costituisca parametro normativo necessario ai
fini della valutazione della fondatezza  delle  domande  proposte  da
parte ricorrente. 
    Come evidenziato nella parte relativa alle premesse in fatto,  le
domande proposte da parte ricorrente hanno ad oggetto: 
    a)  l'annullamento  del  decreto  del  Ministero  dello  sviluppo
economico del 17 ottobre 2014, emanato in applicazione dell'art.  26,
comma 3 decreto-legge n. 91/2014, con cui sono  stati  individuati  i
criteri e le percentuali di rimodulazione degli  incentivi,  e  delle
«Istruzioni operative per gli interventi sulle  tariffe  incentivanti
relative agli impianti fotovoltaici,  ai  sensi  dell'art.  26  della
legge n. 116/2014» pubblicate dal G.S.E. sul proprio sito internet in
data 3 novembre 2014; 
    b) l'accertamento del diritto di non esercitare alcuna delle  tre
opzioni di rimodulazione dell'incentivo per la produzione di  energia
elettrica fotovoltaica, previste dall'art. 26, comma 3,  lettere  a),
b) e c) decreto-legge n. 91/2014; 
entrambe in relazione all'impianto fotovoltaico di cui la  ricorrente
e' titolare nel comune di  San  Colombano  al  Lambro  (MI),  per  KW
987,84, entrato  in  esercizio  in  data  28  novembre  2011,  e'  il
beneficiario  della  tariffa  incentivante   prevista   dal   decreto
ministeriale 5 maggio 2011 avendo richiesto ed ottenuto  l'ammissione
alla tariffa incentivante e stipulato in data 21 maggio 2012  con  il
GSE la relativa convenzione (n. I06L244712107) di  durata  ventennale
(20 anni) avente ad oggetto il riconoscimento da parte del GSE  delle
tariffe incentivanti. 
    In  relazione  alla   domanda   caducatoria   la   questione   di
legittimita' costituzionale risulta  rilevante  in  quanto  gli  atti
impugnati  sono  stati  emanati  dall'autorita'   amministrativa   in
dichiarata attuazione dell'art. 26 decreto-legge n. 91/2014  (la  cui
legittimita' e'  oggetto  di  contestazione)  che  nella  fattispecie
riveste il ruolo e la funzione di norma legittimante l'esercizio  del
potere amministrativo contestato in giudizio. 
    Gli  atti   impugnati,   per   altro,   sono   strumentali   alla
rimodulazione  degli  incentivi  prevista  dall'art.  26,  comma   3,
decreto-legge n. 91/2014 ed avversata da parte ricorrente. 
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale   e',   altresi',
rilevante ai fini della decisione in  ordine  alla  fondatezza  della
domanda di accertamento proposta da  parte  ricorrente  e  avente  ad
oggetto l'invocata inapplicabilita', alle  convenzioni  in  corso  di
efficacia,  delle  rimodulazioni  previste  dall'art.  26,  comma  3,
decreto-legge   n.   91/2014;   l'accoglimento   della   domanda   di
accertamento, infatti, presuppone la non applicabilita' dell'art. 26,
comma 3 citato. 
    In  ordine   all'ammissibilita'   della   predetta   domanda   di
accertamento, la stessa  e'  stata  dal  Tribunale  riconosciuta  con
sentenza parziale emessa in pari data. 
    Il   Tribunale   rileva   che   i   profili   di   illegittimita'
costituzionale dedotti dalla ricorrente con riguardo alla  norma  sub
judice - e, in particolare, il contrasto con gli articoli 3, 25,  41,
77, 97 e 117 primo comma Cost. nonche' con l'art.  1  del  protocollo
addizionale n. 1 alla Convenzione europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali  -   non   siano
manifestamente infondati, imponendo  la  rimessione  della  questione
alla Corte costituzionale. 
5. Profili illegittimita' costituzionale dedotti e ritenuti rilevanti
e non manifestamente infondati. 
    1.  Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  26,  comma  3  del
decreto-legge n. 91/2014 convertito con modificazioni nella legge  n.
116/2014 per contrasto con l'art. 77 della Costituzione. 
    Come noto, l'art. 77 della Costituzione consente  al  Governo  di
emanare  atti  con  forza  di  legge   (senza   previa   delega   del
Parlamentare),  solo   in   casi   eccezionali,   caratterizzati   da
straordinaria  necessita'  e   urgenza   che   difetterebbero   nella
fattispecie  in  esame,  come  risulta  anche   nel   preambolo   del
decreto-legge n. 91/2014 ove non  si  evince  alcuna  giustificazione
collegabile alla necessita' ed urgenza di provvedere in  ordine  alla
rimodulazione tariffaria. Al contrario, la finalita' di  «ottimizzare
la gestione dei tempi di raccolta ed  erogazione  degli  incentivi  e
favorire una migliore sostenibilita' nella politica di supporto  alle
energie  rinnovabili»  di  cui  al  comma  1  dell'art.  26  qui   in
contestazione,  evidenzierebbe   proprio   il   carattere   ordinario
dell'intervento e l'assenza dei presupposti di urgenza e necessita'. 
    Ammettere lo strumento della decretazione d'urgenza in ipotesi in
cui tale presupposto non esiste lede il principio di separazione  dei
poteri dello Stato. 
    Inoltre, corollario di tale assunto e' che le norme adottate  con
il decreto-legge  devono  essere  omogenee,  rispondere  a  finalita'
specifiche ed organiche, idonee a  fronteggiare  ed  a  rispondere  a
specifiche situazioni di necessita' e urgenza. Ed infatti l'art.  15,
comma  3,  della  legge  23   agosto   1988,   n.   400   (Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio dei ministri) prescrive inequivocabilmente che il contenuto
del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo  e  corrispondente
al titolo» e la Corte costituzionale ha da tempo  chiarito  che  tale
disposizione costituisce  esplicitazione  della  ratio  dell'art.  77
Cost.,  che   come   detto   impone   il   collegamento   dell'intero
decreto-legge al caso  straordinario  di  necessita'  e  urgenza  che
giustifica l'eccezionale potere del Governo di esercitare la funzione
legislativa senza previa delegazione da parte del  Parlamento  (Corte
cost., sentenza n. 22 del 2012). 
    Nel caso di specie, non e' impossibile riscontrare il  necessario
requisito   dell'organicita'   delle   disposizioni   contenute   nel
menzionato decreto-legge,  che  risponde  a  ratio  e  finalita'  non
univoche e di difficile individuazione. 
    Gia'  l'oggetto  del  decreto-legge   n.   91/2014   attesta   la
disorganicita' delle disposizioni  contestate,  recando  la  seguente
dizione «Disposizioni urgenti per  il  settore  agricolo,  la  tutela
ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica  e
universitaria,  il  rilancio  e  lo  sviluppo   delle   imprese,   il
contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per
la definizione immediata di  adempimenti  derivanti  dalla  normativa
europea». Anche ad un'analisi di maggior dettaglio, e'  evidente  che
le misure riportate nel decreto-legge n. 91/2014 appaiono  di  segno,
ratio, e contenuto diverso ed eterogeneo (si va dagli interventi  nel
settore  energetico,  a  quelli   per   il   rilancio   del   settore
vitivinicolo; o ancora, si passa dagli interventi a protezione  della
fauna selvatica, a quelli per la tutela dell'ambiente marino, e cosi'
via)  con  la  conseguenza  che  non  e'  possibile   ricondurre   le
fattispecie disciplinate dal decreto-legge n. 91/2014 ad  un  disegno
unitario e coerente. 
    2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 26  del  decreto-legge
n. 91/2014 convertito con modificazioni nella legge n.  116/2014  per
contrasto con gli  articoli  3,  25,  41,  97  della  Costituzione  -
Violazione  del  principio  di   ragionevolezza   e   del   legittimo
affidamento; Violazione dei principi di  uguaglianza,  concorrenza  e
competitivita'. 
    L'art. 26, decreto-legge n. 91/14 conv. in legge n. 116/14 impone
ai soli titolari di impianti fotovoltaici di potenza superiore a  200
kW (e dunque anche alla ricorrente) l'obbligo di operare, entro il 30
novembre 2014, una scelta tra una delle tre opzioni di cui al comma 3
dell'art. 26 medesimo, salvo, in assenza  di  scelta,  l'applicazione
coattiva dell'opzione di cui alla lettera c). 
    La norma e' in contrasto con gli articoli 3, 25, 41, 97 Cost.  in
quanto: 
        1) ciascuna  di  tali  opzioni  costituisce  in  realta'  una
drastica  e  retroattiva  riduzione  (impropriamente   definita   dal
legislatore  «rimodulazione»)   della   tariffa   incentivante   gia'
assegnata dal GSE, e l'intera disciplina prevista  dall'art.  26  del
decreto-legge n. 91/2014  e  dai  provvedimenti  applicativi  risulta
irrazionale, irragionevole e discriminatoria e dunque contraria  agli
articoli 3, 25, 41 e 97 della Costituzione. 
    Il carattere irrazionale, irragionevole e discriminatorio  emerge
dal fatto che tutte e tre le alternative di cui al comma 3 comportano
una  riduzione  dell'incentivo  assegnato  gia'   riconosciuto   agli
operatori non commisurata al livello di  incentivazione  riconosciuta
(posto  che  colpisce  in  modo  analogo  tutti  gli   operatori,   a
prescindere   dagli   incentivi   riconosciuti),   e   una   modifica
sostanzialmente retroattiva, dal momento che,  riducendo  l'ammontare
dell'incentivo riconosciuto  al  momento  dell'entrata  in  esercizio
dell'impianto, incide sul contratto di durata stipulato con il GSE ed
in  particolare  sulla  prestazione   principale   ovverosia   quella
afferente al pagamento del corrispettivo per la produzione di energia
pulita quale garanzia dell'equa remunerazione dell'investimento a suo
tempo effettuato dall'operatore. 
    Infatti, nella prima opzione di cui alla lettera a), la riduzione
applicata    all'impianto    non    e'    affatto    controbilanciata
dall'allungamento del periodo di incentivazione da 20 a 24 anni,  dal
momento che: 
    a) la vita utile dell'impianto fotovoltaico e' di  soli  20  anni
(come del resto  anche  riconosciuto  dallo  stesso  legislatore  con
l'art. 24, comma 2,  lettera  b)  decreto  legislativo  n.  28/2011),
sicche',  al  termine  della  sua  vita  utile,  l'impianto  potrebbe
richiedere interventi di rifacimento  evidentemente  non  coperti  da
alcun incentivo e in ogni caso il  degrado  dei  moduli  fotovoltaici
sarebbe tale per cui l'energia incentivata nel periodo successivo  ai
20 anni di vita sara' decisamente inferiore e sicuramente mai  uguale
a quella generata nei primi anni di vita dell'impianto; 
    b) viene di fatto imposta una dilazione di pagamento di una quota
percentuale della tariffa incentivante cosi' come riconosciuta  nella
convenzione  stipulata  con  il  GSE  senza  riconoscere  perdite   o
interessi legali o l'inflazione; 
    c) non e' praticabile ed e' discriminatoria avendo la  ricorrente
la disponibilita' per soli 20 anni delle aree ove insiste  l'impianto
fotovoltaico. 
    La seconda opzione di cui alla lettera b) del comma  3  dell'art.
26 prevede un periodo di fruizione  della  tariffa  ridotto  rispetto
all'attuale e un periodo successivo al  2019  incrementato  in  ugual
misura, fermo restando il periodo di incentivazione di 20 anni. Anche
tale opzione comporta una riduzione dell'incentivo, essendo del tutto
incerto  l'obbligo  dello  Stato  e  il  corrispondente  diritto  del
ricorrente  alla  restituzione  della   quota   percentuale   ridotta
successivamente al  2019.  Cio'  e'  confermato  anche  dallo  stesso
decreto ministeriale 17 ottobre 2014, laddove  nelle  premesse  viene
chiarito che l'obiettivo e' quello di  raggiungere  un  risparmio  di
Euro 600 milioni l'anno. 
    La terza opzione comporta una riduzione secca  che  nel  caso  di
specie  sarebbe  dell'8%   avendo   l'impianto   fotovoltaico   della
ricorrente una potenza nominale superiore a 900 kW. 
    Conseguentemente, l'effetto  di  ciascuna  di  tali  alternative,
qualunque sia la scelta della ricorrente, e'  quello  di  ridurre  ex
lege l'attuale livello di incentivazione gia' assegnato per 20 anni e
cristallizzato nel contratto stipulato con il GSE. 
    Pertanto,  la  presunta  rimodulazione  sarebbe  in  realta'  una
riduzione  retroattiva  degli  incentivi   gia'   riconosciuti   alla
Societa', ponendosi l'art. 26, comma 3 del decreto-legge  n.  91/2014
in contrasto con gli articoli 3, 25, 41, 97 della Costituzione. 
    In particolare: 
        a) la norma censurata comporta una grave  discriminazione  in
danno della produzione di energia fotovoltaica e si pone in contrasto
con  l'art.  3  della   Costituzione,   in   quanto,   senza   alcuna
giustificazione, ai soli impianti fotovoltaici di potenza superiore a
200 kW e' riservato un  trattamento  deteriore  rispetto  agli  altri
impianti fotovoltaici di potenza inferiore e rispetto anche  a  tutti
gli impianti che producono energia da fonte rinnovabile  analogamente
incentivati  come  gli  impianti  fotovoltaici.  Le  riduzioni  della
tariffa incentivante imposte dall'art. 26 colpiscono infatti solo gli
impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW  ma  non  trovano
applicazione  alle  altre  fonti  rinnovabili   ne'   agli   impianti
fotovoltaici con potenza inferiore a 200  kW.  Peraltro,  all'interno
della categoria «impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW»
le  riduzioni   sono   altrettanto   discriminatorie   giacche'   non
corrispondono al livello di  incentivazione  ottenuta.  Si  pensi  ad
esempio che, nel 2011, erano vigenti ben tre conti  energia  (Decreto
ministeriale 19 febbraio 2010, decreto ministeriale 6 agosto  2010  e
decreto ministeriale 5 maggio 2011) con tariffe incentivanti  diverse
anche a seconda del mese di entrata in esercizio.  L'opzione  di  cui
alla lettera a) stabilisce  riduzioni  in  percentuale  per  anno  di
entrata  in  esercizio  e  dunque  non  corrisponde  al  livello   di
incentivazione  dei  singoli  operatori  e  ai  relativi  margini  di
guadagno. Lo stesso dicasi per la seconda opzione che  invece  taglia
l'incentivo per mese di entrata in esercizio, senza tuttavia  contare
che il livello di incentivazione del terzo  conto  energia  cambia  a
semestre e non per mese. La terza opzione di cui alla lettera c)  non
tiene minimamente  in  considerazione  i  livelli  di  incentivazione
riconosciuti in base ai conti energia ma attua un  taglio  lineare  a
seconda  della  potenza  dell'impianto,  senza  peraltro  anche   per
quest'ultimo criterio coincidere con gli scaglioni di  potenza  delle
percentuali degli incentivi. 
    E infatti, gli scaglioni di riduzione previsti dalla  lettera  c)
del comma 3 dell'art. 26 del decreto-legge n. 91/2014 non  coincidono
con gli scaglioni delle tariffe incentivanti  di  nessuno  dei  conti
energia (Decreto ministeriale 19 febbraio 2007, decreto  ministeriale
6  agosto  2010,  decreto  ministeriale  5   maggio   2011,   decreto
ministeriale 5 luglio 2012) e dunque anche di quello sulla  cui  base
la ricorrente ha ottenuto l'assegnazione dell'incentivo. 
        b) La riduzione degli incentivi si pone inoltre in  contrasto
con i principi di ragionevolezza e  affidamento  nella  certezza  del
diritto  enucleati  dalla  Consulta  con  riferimento  a   interventi
legislativi di portata retroattiva. La Corte costituzionale (sentenza
n. 206 del 2009) ha chiarito ove «la norma interviene su un contratto
di  durata  che  viene  ad  essere  modificato  nei   suoi   elementi
costitutivi, non puo' escludersi  la  sostanziale  retroattivita'  di
tale modifica. Se e' pur vero che  costituisce  manifestazione  della
discrezionalita' del legislatore di collocare nel tempo  gli  effetti
delle disposizioni legislative (ordinanze nn. 346 e 137 del 2008), e'
da  tenere  presente  che  l'emanazione  di   leggi   con   efficacia
retroattiva incontra una serie di limiti che questa Corte ha da tempo
individuato e  che  attengono  alla  salvaguardia,  tra  l'altro,  di
fondamentali  valori  di  civilta'  giuridica  posti  a  tutela   dei
destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno
compresi il rispetto del  principio  generale  di  ragionevolezza  di
eguaglianza e la tutela  dell'affidamento  legittimamente  sorto  nei
soggetti quale principio connaturato allo stato di diritto  (sentenze
n. 156 del 2007 e n. 282 del 2006).». 
    La Corte costituzionale ha quindi  affermato  che  le  norme  con
efficacia retroattiva sono legittime (ad eccezione di  quelle  penali
punitive), purche' la retroattivita' trovi  adeguata  giustificazione
sul piano della ragionevolezza e non contrasti con  altri  valori  ed
interessi costituzionalmente protetti, tra i quali va  inclusa  anche
la tutela  dell'affidamento  legittimamente  sorto  nei  destinatari,
quanto principio connaturato allo stato di diritto  (Corte  Cost.  24
luglio 2009 n. 236; Cons. Stato, sez. VI, 23 marzo 2010 n. 1689). 
    Piu' nel dettaglio, e con specifico riferimento ai  contratti  di
durata, la Corte  costituzionale  ha  piu'  volte  stabilito  che  il
legislatore, in materia di successione di  leggi,  dispone  di  ampia
discrezionalita' e puo' anche  modificare  in  senso  sfavorevole  la
disciplina di quei rapporti, ancorche' l'oggetto  sia  costituito  da
diritti soggettivi perfetti, salvo - in caso di norme  retroattive  -
il limite imposto in materia penale dall'art. 25, secondo comma Cost.
e  comunque  a  condizione  che  la  retroattivita'  trovi   adeguata
giustificazione sul piano della ragionevolezza  e  non  si  ponga  in
contrasto con altri valori e  interessi  costituzionalmente  protetti
(ex plurimis, sentenze n. 162 del 2008; 74 del 2008; 409 del 2005; n.
374 del 2002 e n. 525 del 2000). 
    Nel caso  di  specie,  la  norma  denunciata  e'  intrinsecamente
irragionevole e irrazionale dal momento che: 
    1) una diminuzione degli incentivi quando ormai l'investimento e'
gia' stato effettuato e l'operatore nulla puo' piu' in  relazione  ai
costi  dell'iniziativa  e  alla  stessa  scelta  imprenditoriale   e'
irragionevole  giacche'  significa   voler   deliberatamente   trarre
vantaggio da una situazione oramai instaurata, e da cui i  produttori
non possono piu' sfuggire. E' infatti evidente che la riduzione degli
incentivi si risolve, per iniziative gia' completate e  in  esercizio
da tempo, in un inganno a danno  del  soggetto  privato,  tanto  piu'
ingiusto  in  quanto  lo  Stato  ha  regolamentato   i   livelli   di
incentivazione con leggi e regolamenti dello Stato creando dunque per
il privato, dalla dichiarata intenzione di non voler piu'  confermare
quell'incentivo, un vero e proprio «trabocchetto». Si badi  che,  nel
caso di specie, qualunque delle riduzioni stabilite ex lege dall'art.
26, comma 3 azzera la convenienza economica  dell'investimento  della
ricorrente. 
    2)  la  riduzione   dell'incentivo   incide   su   diritti   gia'
legittimamente acquisiti  sulla  base  di  una  normativa  anteriore,
quando  questi  ultimi   non   solo   non   contrastano   con   norme
costituzionali, ma concorrono a realizzarne le finalita' di riduzione
delle emissioni di gas ad effetto serra e a raggiungere gli obiettivi
imposti agli Stati membri dalla direttiva  2009/28/CE  (ad  oggi  non
ancora raggiunti). 
    La norma censurata sacrifica le posizioni soggettive dei titolari
degli impianti fotovoltaici di potenza superiore a  200  kW,  minando
alla  base  le  condizioni  per  le  quali  gli  operatori,  come  la
ricorrente, hanno deciso di investire nel settore  del  fotovoltaico,
cioe' l'esistenza di un sistema di incentivazione  che  garantiva  la
remunerazione   del   rischio   imprenditoriale   dell'attivita'   di
realizzazione e gestione di impianti fotovoltaici. 
        3) costituiscono l'ennesima diretta  decurtazione  dell'unico
ricavo   dell'impianto   in   grado   di   garantire    il    ritorno
dell'investimento giacche' il legislatore nell'arco  degli  ultimi  2
anni ha introdotto gia' significative decurtazioni e  privazioni  per
gli operatori di impianti fotovoltaici; 
    Oltre all'irragionevolezza, si contesta inoltre la violazione del
principio del legittimo affidamento nella  sicurezza  giuridica,  che
costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto e  non  puo'
essere  leso  da  disposizioni   retroattive,   che   trasmodino   in
regolamento irrazionale di situazioni sostanziali  fondate  su  leggi
anteriori (ex plurimis, sentenza n. 24 del 2009; n. 409 del 2005;  n.
446 del 2002; n. 416 del 1999 e n. 390 del 1995). La norma  censurata
e' senza dubbio contestabile sul piano della violazione del principio
del legittimo affidamento ove si consideri che l'operatore  ha  fatto
pieno e legittimo affidamento sulla promessa di stabilita' per  tutta
la durata della  convenzione  stipulata  con  il  GSE  dell'incentivo
riconosciuto dallo Stato  e  contrattualizzato  con  il  GSE.  Quando
l'operatore si e' determinato all'investimento e quando  ha  concluso
il contratto con il GSE, lo ha fatto nella certezza e sul presupposto
che lo stesso non  avrebbe  subito  modifiche.  A  conferma  di  tale
assunto e' sufficiente dare lettura della Convenzione e  dei  decreti
ministeriali afferenti ai  conti  energia,  laddove  stabiliscono  il
diritto a percepire la tariffa incentivante spettante  alla  data  di
entrata in esercizio dell'impianto e lo stesso art.  23  del  decreto
legislativo n. 28/2011 che  richiamano  principi  di  stabilita'  nel
tempo dei sistemi di incentivazione. Si aggiunge  inoltre  che,  come
chiarito dalla giurisprudenza formatasi nel passaggio  tra  un  Conto
Energia e l'altro, l'affidamento sulla effettivita' e costanza  degli
incentivi  si  consolida  in  diritto  con  l'entrata  in   esercizio
dell'impianto,  «pena  l'indeterminatezza  delle  situazioni   e   la
perpetrazione di possibili discriminazioni.» (cfr. ex multis sentenza
Tribunale amministrativo regionale Lazio Sez. III-ter, n. 3144 del 26
marzo 2013). 
    La norma censurata appare illegittima anche per violazione: 
    dell'art. 41 della Costituzione, in quanto comprime ingiustamente
la  libera  attivita'   d'impresa   degli   operatori   di   impianti
fotovoltaici  come  la  ricorrente  riducendo  significativamente  il
sistema tariffario gia' assegnato sulla  base  di  norme  previgenti,
soprattutto tenendo conto  del  fatto  che  la  tariffa  incentivante
costituisce, a seguito dell'eliminazione dei prezzi minimi  garantiti
per  effetto  del   decreto-legge   n.   145/2013,   l'unico   ricavo
dell'impianto fotovoltaico. 
    dell'art. 97 della Costituzione, in  quanto  la  riduzione  delle
tariffe incentivanti per i soli impianti fotovoltaici gia' oggetto di
convenzione con il GSE sono in contrasto con  il  principio  di  buon
andamento,  imparzialita'  dell'attivita'  amministrativa  e  con  lo
stesso principio di proporzionalita' dell'azione amministrativa. 
    3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 26  del  decreto-legge
n. 91/2014 convertito con modificazioni nella legge n.  116/2014  per
contrasto con l'art. 117, comma 1  della  Costituzione  in  relazione
all'art. 1 del Protocollo  n.  1  alla  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(Protezione della proprieta'). 
    La corresponsione dell'incentivo costituisce un credito di valore
economico espressamente riconosciuto nella convenzione stipulata  con
il GSE ed un «bene» tutelabile ai sensi dell'art. 1 del Protocollo n.
1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti  dell'uomo
e delle  liberta'  fondamentali.  Sebbene  l'art.  1  del  Protocollo
consenta agli Stati di privare il cittadino dei propri beni per cause
di  pubblica  utilita',  si  deve  escludere   che,   nella   specie,
l'intervento di cui  all'art.  26,  comma  3,  del  decreto-legge  n.
91/2014, come convertito, costituisca una legittima  ingerenza  dello
Stato ai sensi del medesimo art. 1  del  1°  Protocollo  addizionale,
giacche' la  decurtazione  non  e'  supportata  da  alcuna  causa  di
pubblica utilita'; ne' alcun indennizzo e' stato stabilito  a  favore
dell'operatore. 
    Peraltro,  la  Corte   europea   dei   diritti   dell'uomo,   pur
riconoscendo un certo margine di discrezionalita'  a  ciascuno  Stato
nel valutare se sussista un interesse generale alla privazione  della
proprieta',  ha  escluso  che  il  solo  interesse  economico   possa
giustificare l'intervento di una  legge  retroattiva  che  limiti  un
diritto di proprieta' sui «beni» ai  sensi  della  Convenzione  (cfr.
Zielinki e Pradal e  Gonzales  e  altri  c.  Francia,  nn.  24846/94;
34165/96; 34173/96). Inoltre, detta ingerenza deve  trovare,  secondo
la Corte, un giusto equilibrio tra le esigenze di interesse  generale
della Comunita' e le  esigenze  individuali  di  tutela  dei  diritti
fondamentali (cfr. Sporrong e Lonnroth c. Svezia, 23 settembre 1982),
e che deve esistere un ragionevole rapporto di proporzionalita' tra i
mezzi impiegati e lo scopo perseguito dalle misure restrittive  della
proprieta' (cfr. Agrati e altri c.  Italia,  cit.;  Pressos  Compania
Naviera SA. e altri contro Belgio, 3 luglio 1997). 
    Sulla base della giurisprudenza della Corte europea  dei  diritti
dell'uomo, la norma impugnata  e  i  relativi  atti  attuativi  hanno
travalicato i limiti  di  ingerenza  stabiliti  dall'art.  1  del  1°
Protocollo addizionale,  dal  momento  che  la  riduzione  introdotta
dall'art. 26, comma 3 e dalle relative norme attuative: 
    a) e' determinata da un interesse puramente economico di spending
review; 
    b) non e' controbilanciata, essendo gli  investimenti  effettuati
non piu' equamente remunerati; 
    c) viola il  giusto  equilibrio  tra  le  esigenze  di  interesse
pubblico e la tutela dei diritti fondamentali della ricorrente. 
    Considerato che il Collegio, alla luce  delle  argomentazioni  di
parte ricorrente, ritiene rilevante e non manifestamente infondata la
questione di illegittimita' costituzionale  dell'art.  26,  comma  3,
decreto-legge n. 91/14 conv. in legge n. 116/14 per contrasto con gli
articoli 3, 25, 41, 77, 97 e 117 primo comma Cost. nonche' con l'art.
1 del protocollo addizionale n. 1 alla  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali;  il
giudizio e' di conseguenza sospeso per la rimessione delle  questioni
suddette  all'esame  della  Corte   costituzionale,   mandando   alla
segreteria  di  trasmettere  alla  Corte   la   presente   ordinanza,
unitamente al ricorso, di  notificarla  alle  parti  in  causa  e  al
Presidente del Consiglio  dei  ministri  nonche'  di  comunicarla  ai
presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.